La Casa Rifugio “Mondo Rosa” di Catanzaro offre un alloggio temporaneo e protezione a donne e ai loro figli che vivono in condizioni di maltrattamento fisico, psichico o economico.
La Casa fa parte del Centro Calabrese di Solidarietà, un ente no profit che opera nel campo del disagio e dell'emarginazione giovanile, attraverso l'accoglienza, il prendersi cura e l'attivazione di azioni di reinserimento di sociale di soggetti svantaggiati quali, donne vittime di violenza, tossicodipendenti, alcooldipendenti, immigrati, giovani disagiati e famiglie. Abbiamo parlato con la presidente della struttura Isolina Mantelli che ci ha parlato dei servizi che la Casa offre alle donne vittime di violenza ma anche delle necessità per un adeguato supporto da parte delle istituzioni per i centri antiviolenza.
Come è organizzata la Casa Rifugio?
Il Centro Antiviolenza e Casa Rifugio “Mondo Rosa” , del Centro Calabrese di Solidarietà , nasce nel novembre del 2012 con un progetto realizzato del Dipartimento Pari Opportunità del Consiglio dei Ministri. Mondo Rosa è un luogo di donne, che aldilà delle loro professionalità sono esperte sul tema della violenza di genere, che lavorano a fianco delle donne vittime di violenza fisica, psicologica, economica e sessuale e vittime di stalking. I servizi che offriamo sono diversi: ascolto telefonico 24h24; incontri di informazione e sensibilizzazione nel territorio della provincia di Catanzaro; consulenza/assistenza legale, assistenza sociale è psicologica, orientamento al lavoro. Nella Casa Rifugio proponiamo ospitalità residenziale alle donne e ai loro figli che fuggono dalla violenza e che non avrebbero nessun’altra struttura a cui fare riferimento. Ci sono 10 posti letto, è una casa aperta h 24, non nascosta ma protetta, ed è identificabile e difesa dalla presenza di altre donne e dalle relazioni forti di esse con le Istituzioni sul territorio. Per facilitare il primo contatto delle donne con le operatrici del centro è attivo il numero verde 800 757 657. Purtroppo, le donne che si rivolgono ai centri antiviolenza, spesso denunciano che le difficoltà maggiori sono legate alla realizzazione di un percorso di autonomia soprattutto economica e di inserimento sociale.
Secondo lei, in quale direzione è necessario muoversi per contrastare la violenza sulle donne?
Uno degli obiettivi primari del contrasto alla violenza di genere, è il raggiungimento dell'autonomia lavorativa, in quanto il suo conseguimento consente alle donne indipendenza. Il nostro Centro, attraverso una serie di azioni congiunte, favorisce l'inserimento lavorativo e sociale delle donne vittime di violenza attraverso borse lavoro, tirocinii formativi e corsi di formazione. Questi progetti facilitano le donne a rientrare nel mondo del lavoro, essendo per nulla tutelata la condizione di monogenitorialità che le contraddistingue. Inoltre, ciò permette loro di trovare un equilibrio nel raggiungimento dell'autonomia e nel lavoro di cura verso i figli. Sono progetti che permettono alle donne di entrare o rientrare nel mondo del lavoro e quindi consentire loro di mantenere i propri figli. Il lavoro diventa fonte importante per il raggiungimento dell'autostima che nasce dal raggiungimento dell’autonomia economica e dalla possibilità di mantenere i propri figli.
Quali sono gli interventi legislativi e di supporto necessari che la Regione Calabria dovrebbe adottare a sostegno dei centri che si occupano di violenza alle donne?
La Regione Calabria, purtroppo, risulta essere carente. Con gli altri Centri Antiviolenza regionali, attraverso il coordinamento regionale, abbiamo lavorato a lungo ma ancora oggi non sono accreditate le case rifugio e non è stata modificata la legge regionale 20 del 2007, ormai datata. Il Cadic ha anche presentato una proposta ai consiglieri di maggioranza e minoranza, ma tale proposta di legge giace ormai da due anni in Consiglio Regionale. Inoltre, il bilancio di genere, mai messo a punto dalla Regione Calabria, potrebbe evidenziare come le donne continuino ad essere il secondo sesso.